31 agosto 2025 - I Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni

Omelie festive

Matteo 4,12-17


1. La necessità di tornare al Signore

La liturgia della Parola si apre con un suggestivo brano di Isaia (18,2-15b).
Nei versetti precedenti si denuncia come l’abbandono della fede in Dio
porta all’asservimento di Raab (le forze del caos), in quanto l’uomo ripudia
(termine affettivo che allude ad un rapporto sponsale Dio-popolo) la Parola di Dio,
che è guida per un cammino comune di umanizzazione piena (santità),
chiudendosi in un’interessata autoreferenzialità.
Scompare così il senso del limite, il senso vero della vita
e la libertà si svincola dalla verità sull’uomo
che solo il Creatore conosce e Gesù ci ha indicato.
L’invito è tornare al Signore, lasciarsi avvincere dalla brezza dello Spirito,
che ci sussurra parole di misericordia e perdono.
Solo così vi sarà calma nella nostra vita, nella nostra società rabbiosa,
“solo nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza,
nell’abbandono confidente sta la vostra forza”. in Dio sta la nostra salvezza,
non solo eterna, ma anche intramondana, qui e ora.

2. Cristo bussa alla porta del cuore

La seconda lettura ci infonde una grande serenità (Lettera di Paolo ai Romani 5,1- 11):
“mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.
Non è semplice abbandonare quella che San Paolo chiama vita nella carne,
cioè una vita spesa secondo criteri mondani.
Chi vive secondo questa logica spesso rimuove il ricordo di Dio,
allontanandosi dalla comunità cristiana,
adducendo talvolta scuse puerili, quasi per giustificarsi.
Cristo però non ci abbandona anche quando siamo in peccato,
sempre c’è vicino e bussa alla porta del cuore.
Il possibile ritorno a lui si gioca anche attraverso l’attendibilità
e l’accoglienza delle nostre comunità e di chi in esse vive.

3. La direzione giusta nel cammino verso Dio

Anche nel Vangelo odierno ci giunge da Gesù un invito alla conversione.
E’ questa la parola chiave nella prima domenica, in cui riprendiamo a camminare insieme
dopo la dispersione estiva. Gesù pronuncia questa indicazione
iniziando la sua missione pubblica a Cafarnao in Galilea, mentre Giovanni viene incarcerato.
La Galilea era ritenuta un territorio di confine, facile a cadere nell’impurità rituale
e dunque religiosamente poco ortodosso.
Territorio colonizzato dagli assiri secoli prima (Assiri 721 a. C.)
e dunque da molto tempo sotto il giogo di imperi stranieri.
Per questo Matteo parla di regione di ombre e di morte in cui è sorta una luce.
All’inizio di un nuovo anno pastorale, ci domandiamo
quale ambito della nostra vita è ancora in terra umbratile;
quale parte della nostra mente e del nostro agire è ancora nel buio;
convertirsi vuole dire cambiare mentalità, prendere la direzione giusta nel cammino della vita,
riprendere la Parola di Dio quale bussola dell’esistenza.
Da soli è difficile, per questo la comunità cristiana, con la grazia di Dio,
è l’ambito da far fiorire, affinché diventi abitata da persone affidabili, credibili e credenti.
 

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