La fede di una vedova povera
Gesù ha sempre avuto una predilezione per le donne sole. Ora affida al gesto nascosto di
una donna, che vorrebbe scomparire, il compito di trasmettere il suo messaggio.
La prima scena è affollata di personaggi che hanno lo spettacolo nel sangue: passeggiano
in lunghe vesti, amano i primi posti, essere riveriti per strada... È un modo di fare patito da
tanti con disagio, altri lo cercano con accanimento.
Contrapposta l’altra scena. Gesù osservava «come» la folla gettava monete nel tempio,
non «quanto». I ricchi gettavano molte monete, una vedova povera vi gettò due monetine.
Gesù offre ai discepoli la sua lettura spiazzante e liberante:
questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri,
perché conta quanto peso di vita, quanto di lacrime
e di speranze è in quei due spiccioli.
Poco, ma dato col cuore.
Il motivo vero per cui Gesù esalta quel gesto è spiegato d lui stesso «Tutti hanno gettato
parte del superfluo, lei ha gettato tutto quello che aveva per vivere»: la totalità del dono.
Così insegna (ai suoi discepoli e a noi) che dobbiamo cercare la manifestazione della volontà di Dio nei poveri e nella condivisione. “Il povero non lascia morire di fame un altro povero”.
Come quella vedova, quelli che sorreggono il mondo sono le persone di cui i giornali non
parleranno mai, la cui vita è fatta solo di fedeltà, generosità, onestà, di giornate a volte faticose. Loro sono quelli che danno di più.
I primi posti di Dio sono di quelli che, nelle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano
vita ogni giorno, con gesti non visti da nessuno: di cura, di accudimento, di attenzione, verso i
genitori o i figli, gli anziani o chi busserà.
La santità, la qualità della fede in Dio provvidenza
sta nei gesti piccoli, ma pieni di cuore.
Non è mai insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà. Questa capacità di dare, anche quando pensi di non avere nulla, ha in sé qualcosa di divino. Ciò che
riusciamo a fare con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.
Quanto più Vangelo ci sarebbe se ogni discepolo, se l’intera Chiesa di Cristo si riconoscesse
non da primi posti, prestigio e fama, ma dalla generosità senza misura e senza calcolo, dalla
audacia nel dare.
Allora il Vangelo tornerebbe a trasmettere il suo senso di gioia, il suo respiro di liberazione.