3 agosto 2025 - VIII dopo Pentecoste

Omelie festive

Matteo 22,15-22


1. Un re-messia giusto

La prima lettura (1 Sam 8, 1-22a) ci presenta il passaggio dall’epoca dei Giudici
(figure carismatiche che governavano parte o tutto Israele) alla monarchia.
La sguardo di Samuele è negativo.
Per fermare questo passaggio, che assimila Israele alle altre nazioni,
egli sfodera la carta dei diritti del re, ben nota in Oriente.
L’allusione negativa fa riferimento al comandamento “non rubare”
che nella sua forma antica recitava:
“non commettere un ratto di persona”,
cioè non rubare la libertà alle persone.
Il re avrebbe fatto questo. Secoli dopo il filosofo inglese Hobbes
teorizzerà tutto questo nel suo scritto “Il Leviatano”.
Forse questa dura requisitoria del profeta,
sacerdote e giudice Samuele aveva ragioni di potere personale.
Ma ciò che la Scrittura teme è l’assimilazione ai popoli pagani,
il rifiuto di avere Dio come guida e unico ‘re’.
I profeti sferzeranno la monarchia, e introdurranno nei loro oracoli
l’annuncio di un re-messia giusto, fedele e gradito a Dio.
Anche i Salmi, finita la monarchia storica,
rilanceranno questa figura, discendente del re Davide.

2. Il rapporto col potere costituito

La seconda lettura ci mostra un’altra prospettiva (1 Tim 2,1-8),
quella lealista nei confronti del re, cioè del potere costituito.
I cristiani erano accusati di empietà verso gli dèi e l’imperatore (spesso deificato),
per questo Paolo invita il Vescovo Timoteo e la sua comunità
a sfatare questo mito, mostrando come i cristiani sono fedeli sudditi,
pur mantenendo la fedeltà al Vangelo e alle sue esigenze. Quali?
Ce lo spiega la pericope evangelica di oggi (Mt 22, 15-22).

3. Quale tributo da pagare?

La tassa all’imperatore andava pagata con moneta romana che recava la sua effige.
Per questo vi era grande polemica tra i giudei.
La questione viene posta a Gesù. È lecito pagare il tributo a Cesare?
La risposta è limpida: si paghi pure il tributo a Cesare,
ma solo a Dio va tributata l’adesione totale ed esclusiva delle nostre persone,
perché noi non abbiamo un altro Signore.
Il ricordo del detto del Signore servì a guidare la chiesa sul duplice binario
del rifiuto di posizioni anarchiche (1 Pietro 2,13-14; Romani 13,7)
e della denuncia di un potere divinizzato, assolutistico (Apocalisse 18,1ss).
Da questo testo evangelico si evince anche il profondo rispetto,
non sempre attuato nella storia,
che la Chiesa è necessario nutra verso la laicità dello Stato,
al quale si chiede di rispettare e sostenere
le credenze singole e aggregate dei suoi cittadini,
laddove esse contribuiscono al bene comune dello stesso. 
 

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