27 luglio 2025 - VII dopo Pentecoste

Omelie festive

Giovanni 6,59-69


1. La scelta di servire il Signore

La prima Lettura (Gs 24,1-2a. 15b-27) è tratta dal libro di Giosuè (successore di Mosè).
È il sesto libro dell’Antico Testamento. Giosuè raduna gli ebrei fuggiti dall’Egitto,
quelli che erano rimasti in Israele e quelli espulsi precedentemente dal Faraone stesso,
insomma, tutto il popolo di Israele e propone, in un atto di culto,
di rinnovare definitivamente l’alleanza con JHWH. La scelta è semplice o Dio o gli idoli.
Anche Mosè, prima di morire, aveva fatto una cosa simile alle steppe di Moab.
Giosuè introduce il patto con una panoramica storica che parte da Abramo,
attraverso l’esodo, arriva fino al passaggio del fiume Giordano e al dono della terra.
Il nuovo leader fa memoria dell’opera di Dio per il suo popolo.
Più volte interpellato, il popolo risponde di voler servire il Signore.
L’alleanza rinnovata si conclude con l’incisione del patto su una stele di pietra a perenne memoria.

2. La scelta di seguire Cristo

Anche Paolo, nella seconda lettura (I lettera ai cristiani di Tessalonica) ha un richiamo agli idoli;
in questo caso per lodare i cristiani tessalonicesi
per la testimonianza che danno, a partire dal ripudio di falsi dei.
Così anche il Vangelo secondo Giovanni parla di una scelta chiara,
che dobbiamo compiere nei confronti di Cristo.
È la conclusione del capitolo 6 di questo Vangelo, totalmente dedicato a Gesù, pane di vita.
Quando egli dichiara che solo cibandosi di lui (condividendo il suo destino) si ha la vita eterna,
molti scandalizzati lo abbandonano.
Questo accade anche oggi, non più perché Gesù scandalizza proponendo il cibo eucaristico,
quanto perché molti lo ritengono insignificante per la propria vita;
inoltre credono che la realizzazione di sé e non il dono di sé, sia risolutivo per la propria esistenza.
La domanda di Giosuè al popolo, di Gesù ai discepoli risuona oggi anche per noi.
Chi vogliamo servire? Chi stiamo di fatto seguendo?
Cristo o la mondanità, pur dichiarandoci cristiani.
Occorre fare un discernimento degli spiriti che ci abitano, dei pensieri che coltiviamo,
delle parole, delle affermazioni che scaturiscono dalla nostra bocca, tramutandosi poi in azioni.
Stiamo sul Vangelo di Giovanni. Anche tra i discepoli di Gesù sorge il dubbio
che la profezia della sua morte, la sua proposta di dare la vita anziché di toglierla ad altri,
sia una follia, uno scandalo. Per questo Gesù chiede a loro e a noi una decisione.
Quanti nostri fratelli e sorelle nel battesimo si sono tirati indietro
e non è detto che anche noi che pratichiamo, sotto sotto, non lo stiamo già facendo.
Grazie a Dio vedo molti eroici esempi nella nostra comunità e nella chiesa in genere.
Le frasi finali di Gesù suggeriscono che la fede è un dono da implorare,
soltanto il dono dello Spirito Santo può aiutarci nella sequela del Cristo.
Il brano si chiude con la stupenda risposta di Pietro, che dovremmo far nostra:
dove andiamo Signore? Tu solo hai parole di vita eterna.
La vita eterna non significa immortalità, quanto rinascere a vita nuova.
Signore tu solo sai cambiarci dal di dentro, renderci migliori, proiettati verso il cuore di Dio.
Si osservi anche che Pietro dice che i discepoli
prima hanno creduto e poi hanno conosciuto Gesù;
strano, noi figli della ragione illuministica, avremmo rovesciato i verbi:
prima conosco poi vedo se posso fidarmi.
Per Gesù è il contrario: è fidandosi di Gesù e seguendolo che si comprende
la bellezza e la verità delle sue parole e del suo progetto di vita.
Le cose più grandi della vita si comprendono solo vivendole. 
 

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