La fede della folla sfamata
La gente cerca Gesù perché ha una fame insaziabile. E non si accorge di averne in sé una più
profonda.
Gesù smaschera ogni sensazionalismo e svela il vero movente: “Voi mi cercate perché avete
mangiato dei pani e vi siete saziati”.
Ma non si arrende davanti a chi lo fraintende o, da prevenuto, non vuol capirlo: “Datevi da
fare per il cibo che rimane per la vita eterna...”.
C’è un bisogno primario che va colmato da noi, secondo le nostre capacità.
Ma quand’anche avessimo messo qualcosa nelle mani dei poveri, si capisce che in quella
fame, qualcos’altro va colmato: fame di senso, bisogno d’affetto, desiderio di poter credere
ancora a qualcuno, affidandosi in fiducia.
Gesù, sfamata quella gente, ritrovandola, non dà regole o criteri di appartenenza.
Mosso a compassione, senza verificare la loro condizione morale, si offre come pane di
vita, cibo buono di vita eterna: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame
né avrà più sete”.
Quante volte a Messa sentiamo ripetere le stesse parole:
“Prendete, mangiate, questo è il mio corpo.
Prendete e bevete questo è il mio sangue:
fate questo in memoria di me”.
Commuove vedere tanta gente accostarsi all’Eucaristia: segno di devozione, bisogno d’amore, desiderio di Dio...
Ma poi viene un dubbio: cosa capiscono molti dell’Eucaristia? Può bastare un gesto, pur
carico di devozione, per ricevere il mistero infinito che la Chiesa adora in quel pezzo di pane
consacrato?
Col passare degli anni questa domanda rischia di affievolirsi, lasciando il posto ad un’altra
considerazione: cosa sappiamo dei segreti del cuore di Dio?
Non si può spiegare l’Eucaristia con parole nostre o anche solo ripetendo le definizioni della
teologia più aggiornata.
Vien da sorridere, invece, pensando a come un bambino potrebbe intuire la presenza (reale) di Cristo più di un adulto. Perché “il regno di Dio è per chi assomiglia a loro” (Lc 18,16).
Non ci resta che ripetere, con tutta quella folla che allora
attorniava Gesù: “Signore, dacci sempre questo pane”.
“C’è una piccola parola, con cui gli Ebrei hanno chiamato quel cibo inatteso dal cielo: Manna - ‘manhu’ - che significa: che cos’è? La stessa domanda dovrebbe essere iscritta per sempre
nell’Eucaristia. E ogni volta che ne mangiamo, chiederci: che cos’è?”. (don Angelo. Casati)