22 giugno 2025 - Corpus Domini

Omelie festive

Luca 9,11b-17


1. Origine della festa

L’11 agosto 1264, il Papa Urbano IV istituì la festa del Corpus Domini,
dopo aver già approvato il miracolo di Bolsena, dove un sacerdote boemo nel 1263
vide fugare i suoi dubbi sulla presenza del Signore nel pane e nel vino.
Durante la consacrazione, infatti, l’ostia sanguinò.

2. Dal rito alla vita

La prima lettura ci ricorda l’antichissimo rito dell’offerta del pane e del vino,
durante la visita di Abramo, da parte del misterioso sacerdote Melchisedek (re di pace lett.).
Essi sono simboli di vita e di gioia, prosperità, vita serena.
Il pane sfama l’uomo e il vino lo rallegra.
Entrambi dicono convivialità, familiarità, vita buona.
La seconda lettura (1 Cor 11, 23-26) è uno dei più antichi testi sull’Eucarestia.
Esso ci testimonia la presenza di una celebrazione già in uso presso la comunità cristiana.
Paolo sente il dovere di specificare che si tratta di un comando del Signore.
Nel contempo afferma che il pane e il vino eucaristici sono cibo e bevanda
necessari per camminare nella vita con rettitudine e perseveranza,
attendendo il ritorno del Signore.
“Fate questo in memoria di me”
è invito a custodire in un rito da perpetuare il dono che è la Pasqua di Cristo,
nel contempo è una pressante esortazione, una volta consumato il cibo e la bevanda celesti,
a vivere una vita in piena “coerenza”
con quanto si è celebrato: dono di sé, testimonianza, servizio.

3. L'essenza della celebrazione

Non sfugga poi, quanto narra il Vangelo secondo Luca. Gli apostoli ragionano pragmaticamente:
la gente ha fame, il luogo è deserto, dunque congediamoli.
E’ questo l’esempio di una chiesa che poggia su criteri mondani, e non sulla potenza del Vangelo.
Il gesto e le parole di Gesù sui pani e i pesci, ricordano la benedizione eucaristica.
Ai discepoli in compito di perpetuarla nella storia, senza scoraggiarsi
se molti la diserteranno ritenendo che “cinque pani e due pesci”
non sono nulla di fronte alle esigenze della vita.
A cosa serve andare a Messa, quando altre incombenze premono sull’esistenza? Che cosa ne ottengo?
Lavoro, casa, relazioni di coppia e parentali, urgenze economiche e sanitarie. Queste ci affliggono.
Cosa può fare un rito? A cosa serve un pane azzimo e del vino pur consacrati di fronte a tutto questo?
Se la celebrazione eucaristica dovesse scomparire, diverremmo una comunità anonima,
alla quale resta ignota la Parola di Dio, alla quale manca quella comunione piena
con il Signore che sola sostenta la vita.
Cesserebbero poi tutti quei momenti che costituiscono la vita della Chiesa
fuori dalle mura del tempio sacro in cui si celebra.
Eppure dobbiamo prendere atto che oggi, soprattutto per le fasce giovanili,
la celebrazione eucaristica diventa insignificante, noiosa.
Due riflessioni: forse è tempo di ritrovare l’essenziale della celebrazione,
dando più spazio alla ministerialità dei laici e ad un maggior coinvolgimento;
d’altro canto anche le nostre comunità che nascono dall’Eucarestia e in essa si rigenerano
hanno bisogno di più entusiasmo, di più slancio e coinvolgimento corresponsabile.
Il Vangelo si trasmette per fascino. È tempo che la creatività e l’inventività,
che per secoli hanno mosso varie realtà ecclesiali, rinascano anche ai nostri lidi.
È tempo di un nuovo protagonismo fondato sul Vangelo. 
 

Esci Home