Giovanni 14,15-20
1. 50 giorni dopo è effuso lo Spirito
In greco questa parola significa “cinquantesimo (giorno)”.
La festa di Pentecoste ha inizio nel mondo ebraico come festa del raccolto,
sette settimane dopo la Pasqua ebraica. In seguito, assumerà un secondo significato:
ringraziamento per il dono della Legge (Torà).
Essa è chiamata anche festa delle settimane (shavuot).
Pur riconoscendo il valore della Torà
(i primi cinque libri dell’Antico Testamento)
noi cristiani, seguendo la tradizione di San Luca,
celebriamo la Pentecoste come il giorno in cui Cristo
effonde lo Spirito Santo sugli apostoli e sulla Chiesa nascente.
2. Doni particolari, per l'utilità comune
Per comprendere la prima lettura (Atti 2,1-11)
dobbiamo riandare al libro del Genesi capitolo 11.
È il mitico racconto della torre di Babele,
dove gli uomini vogliono spodestare Dio.
Il risultato è l’incomunicabilità che porta alla dispersione delle lingue:
tolto di mezzo Dio, l’uomo non è più capace di parlare un’unica lingua,
cioè di comprendersi l’un l’altro,
e ciò genera divisioni e dissidi e guerre.
Tornando al nostro episodio, Pietro parla in dialetto aramaico
con inflessioni galilaiche, eppure tutti lo comprendono.
È un modo per dirci
che v’è un linguaggio universale a cui tutti possono accedere,
perché iscritto nel cuore di ognuno di noi:
il linguaggio dell’amore, della giustizia,
della riconciliazione, della pace.
A questo serve lo Spirito effuso!
In Cristo l’uomo può trovare pace e comprensione
con se stesso e con gli altri.
Anche la prima parte del brano è di notevole interesse.
Vento e fuoco, due elementi naturali vengono utilizzati
per simboleggiare il dono dello Spirito Santo.
Ora noi sappiamo che in ebraico la parola vento
è la stessa usata per spirito: ruah.
Il fuoco che scende in forma unitaria, si divide poi in singole fiammelle.
Un unico Spirito che però dà carismi (dono gratuito) diversi a ciascuno.
Nella Chiesa infatti, tutti siamo
invitati ad entrare in intimità con il Signore,
e nel contempo inviati ad annunciare il Vangelo nei luoghi di vita.
Ognuno con il suo carisma, con il suo dono particolare.
Solo riscoprendo questa dimensione di corresponsabilità
e non di delega al clero, la Chiesa avrà un futuro.
Quindi la domanda da porsi è:
quale carisma ho ricevuto dallo Spirito Santo
per il bene comune della comunità cristiana cui appartengo?