Le pecore seguono perchè conoscono la voce

Professioni di fede

La fede dei pastori e delle pecore


La bellezza del pastore sta in Gesù. Due le qualità tipiche.
La fortezza: Cristo ha affrontato il lupo, che rapisce e disperde; e i mercenari, cui interessa
solo il denaro; per difendere i suoi ha accettato anche la morte.
La tenerezza: Gesù consolava e fasciava le ferite della vita; rallentava il passo per non
lasciare indietro nessuno; alleggeriva i pesi per aiutare i più deboli.
I pastori d’anime hanno le stesse caratteristiche: il sacrificio, le rinunce, la presenza vigile del gregge; la condivisione di vita, fino a dimenticare il tempo e gli affetti più cari.
Le pecore conoscono e seguono la voce del pastore (cioè lo amano). Perciò non è
offensivo definire “pecore” i fedeli; semmai c’è da esserne onorati: stiamo nel cuore del Buon
Pastore!
I giovani che conoscono bene l’attrazione col proprio partner quando si entra nella piena
conoscenza, capiscono meglio Gesù come il partner (sposo) delle nostre anime.
Un amore fatto di parole (Vangelo) e dimostrato col dono della vita (croce).
Le pecore riconoscono (e amano) il vero pastore perché dà la vita per loro. Chi non mette
a rischio la sua vita non è pastore, ma mercenario, perché non pensa agli altri, ma più a sé.
Il buon pastore cerca le altre pecore (deve condurre tutte all’unico ovile), perciò esce
dai recinti.
Il Papa, più di tutti, ha la sollecitudine per le pecore: ha fiducia nei giovani (e non solo), che
guida non come pecore a testa bassa, rinunciando a usare cervello e occhi, ma come fratelli e
sorelle di cui rispetta la libertà e la dignità.
E i giovani ascoltano la sua voce e lo seguono,
lieti di essere il gregge di Cristo! Sanno di essere
“interessanti” per lui, sentono di avere un valore unico
e irripetibile ai suoi occhi e che lui è il pastore attento,
che vuol bene a ciascuno e dà la vita per tutti.
“La divina tenerezza è una mano dolce e materna che conosce, conforta, ripara senza trauma, rimette nel posto giusto;
è uno sguardo simile a quello di una madre sul figlio che nasce;
è orecchio attento e discreto, che nulla spaventa, non giudica, sceglie sempre il buon sentiero;
è salda come la buona terra, su cui tutto riposa;
è luogo sicuro, dove io smetto di fare paura a me stesso.
Per questo è sciocco ritenerla debolezza. Essa è la vera forza,
che fa venire al mondo e fa crescere” (Maurice Bellet).
 

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