La luce di Dio che nasce nella piccolezza del cuore
613 precetti: 248 positivi, obblighi; 365 divieti, negativi, uno per ogni giorno dell’anno solare. Questa è ancora oggi la legge ebraica che guida la fede dei nostri fratelli ebrei. Dentro però a questo mare di leggi, si può riconoscere il volto di Dio?
Rischiamo anche noi come Chiesa di trasmettere un volto di Dio fatto di precetti, norme, obblighi e doveri, addirittura un’immagine di Dio giudice nel senso negativo del termine. E’ questo veramente il Dio che stiamo attendendo? E’ questo veramente il Figlio che desideriamo celebrare nel Natale?
La Parola di questa domenica ci invita ad aprire il cuore veramente a Dio, perchè il suo modo di rivelarsi è veramente originale. Lo dicono insieme Michea e Malachia nella prima lettura: Dio si rivelerà nella piccola e insignificante città di Betlemme, periferia di Gerusalemme. Quasi a dire come Dio sceglie di incarnarsi e di rivelarsi non partendo dal centro, ma sempre dagli estremi, da chi è più lontano da Lui. Come scelse Davide da Betlemme, così sceglierà il messia, il liberatore.
Non solo. Il rivelarsi di Dio sarà una luce che illuminerà il cammino di ogni uomo. La luce prima che essere una bella decorazione, ci dona il senso del calore e del riconoscere le cose, rispetto al buio e le tenebre. Dobbiamo chiederci se tra le tante luci di questi giorni, le tante cene e mangiate, stiamo veramente lasciando spazio a Colui che desidera venire nelle nostre periferie, nei luoghi del cuore dove sentiamo che c’è ancora tanto da lavorare, da chiedere perdono, da amare o dove abbiamo bisogno di sentirci amati. E’ lì, in questa piccolezza, che il Signore desidera tendere le sue mani. Non è un caso la statua di Gesù bambino: una statua che tende le mani, come il crocifisso, segno di come il Figlio di Dio e, quindi, il Padre, mai si stancano di tendere le mani verso di noi, di amarci, di perdonarci.
E allora in questi giorni se dobbiamo accogliere un Dio così che ancora una volta viene con il suo Natale a prendere dimora nella nostra piccolezza, lasciamo brillare la luce del Vangelo proprio in questi angoli del nostro cuore, negli angoli dove noi ancora ci ostiniamo a non fidarci di Dio. E dal nostro cuore nutriamoci di parole di bene, nutriamoci del suo perdono nella confessione, nutriamoci della presenza di Gesù, nella preghiera, nella novena, ma soprattutto nell’Eucarestia. C’è un detto che dice che noi siamo quello che mangiamo. Se ci nutriamo di Gesù, del suo amore, se ci nutriamo della sua comunione unica con il Padre, allora sì la nostra vita e i nostri occhi brilleranno di commozione, di amore, di stupore, come quelli di Giovanni il Battista, il quale non ha avuto paura di preparare la strada, di fare spazio nei cuori della sua gente alla Luce che veniva nel mondo.
Oggi questa Luce desidera abitare il nostro tempo, fatto di sconforto, desolazione, di guerra e di tensioni. Desidera ancora una volta brillare nelle nostre povertà per far nascere la speranza che può essere solamente Lui. E’ Lui che dobbiamo accogliere, è Lui la luce che attendiamo e desideriamo che diventi la nostra strada e il senso della nostra vita: una vita amata, benedetta, guidata da Chi veramente desidera solo il nostro autentico bene, la nostra autentica felicità.