Domenica 19 ottobre 2025 • Dedicazione del Duomo
Quando si entra nel duomo di Milano c’è sempre una domanda che tutti si pongono: quando finirà la sua costruzione? Ogni volta vediamo impalcature, restauri di parti del duomo, e ci domandiamo: quando lo vedremo completo? Tanti sono i motivi dei restauri: lo smog, la stabilità dell’edificio,… ma forse questa “incopiutezza” della chiesa cattedrale ci dice qualcosa a noi. Ci dice che il cammino non si ferma a un punto che vogliamo noi, ma il cammino della nostra vita va sempre avanti, sempre si rinnova, sempre cambia, perchè cambiamo noi, cambia la storia, cambia il contesto in cui viviamo.
La domenica della dedicazione della Chiesa cattedrale ci provoca fortemente guardando al fondamento che è Gesù e domandandoci: dove la nostra comunità sta andando? Stiamo camminando come desidera Gesù? Le letture sono già una forte scossa sulla tentazione che noi abbiamo di identificarci in un luogo, in un campanile. Per secoli abbiamo fatto questo, perchè questa era la forma della cura della Chiesa, incarnata dove era un gruppo di uomini. Ma oggi non stiamo mai fissi nei nostri contesti di abitazione: quante volte si esce per la spesa, lo sport, il cinema, per tutto quello che è parte ormai della nostra vita. La nostra chiesa, quindi, si evolve perchè evolve la storia dell’uomo. Evolve e involve: la Chiesa sente anche lei in questo tempo le malattie dell’uomo moderno, e tra queste c’è il non desiderio di una vita che è vocazione, di una vita che è una chiamata a un per sempre, di una vita che non desidera impegnarsi, anche nel dono dei figli, in quanto il lavoro non è stabile, o peggio le condizioni di vita non lo permettono. La nostra evoluzione e cambiamento di Chiesa ci invita quindi a essere cristiani nel senso pieno della Parola. Il cristiano non è un bigotto, uno che fa continuamente la morale su di sé e sugli altri. Il cristiano è un missionario: apre le porte della sua vita agli incontri e ai doni che Dio farà, vive il coraggio dei Padri di non stare dove è comodo, ma di camminare, di uscire, perchè l’edificio della tua vita trovi sempre un nuovo nutrimento. Il tempo di Chiesa che viviamo ci impone di uscire, ci chiede di imparare a nutrire i cammini e a guardare a Gesù come la vera bussola, il vero orientamento del cammino, imparare a essere una Chiesa che loda, rende grazie, celebra indipendentemente da dove le nostre radici sono partite. La nostra storia chiede una nuova creatività, chiede di imparare a essere popolo di Dio che sa veramente guardare a Gesù e in Gesù imparare a costruire una nuova umanità.
Sono contento del cammino di tanti che uscendo dalle logiche oggi malate del passato hanno voluto condividere e vivere il progetto di Chiesa che il Vescovo (in questo caso oramai tre vescovi della Chiesa di Milano) ci hanno proposto, progetto che ormai è in tutto il nostro continente. Sono contento di questo mischiarsi dei doni, di questa tavolozza di colori sempre nuova e brillante. Sono triste, invece, perchè ancora una volta vedo giovani bloccati dalle logiche malate di tanti adulti che credono in quella resistenza di stare in un luogo perchè noi siamo di, perchè noi facevo questo, perchè al tempo di don era così. Malata la logica di chi ha accompagnato così, tradendo l’obbedienza al vescovo. Malata la logica di chi crede di costruire, e invece distrugge il cammino di Chiesa, rendendo povera a livello spirituale la vita stessa di coloro che saranno chiamati a prendere il testimone. La parola che dico è quella di Dio, che invita anzitutto non a costruire una comunità di tradizioni, ma una comunità che sappia essere forte nello Spirito, capace di affrontare le sfide che la vita proporrà, capace di affrontare il male. Siamo una comunità unita con la Chiesa quando veramente ci lasciamo guidare non dalle malate nostalgie, ma da quello Spirito che piega il cuore dell’uomo al vero senso della vita, che non è imprigionato in un campanile che per la maggior parte della gente non dice più niente. Siamo credibili quando veramente siamo nella vita di tutti giorni fondati su quella pietra che non si lascia abbattere dai fiumi della vita, che non si lascia abbattere dalle maldicenze, ma si lascia fortificare e porta continuamente un frutto buono, perchè trova sempre un bene in ogni proposta che la comunità, la chiesa diocesana, il mondo nel suo bene dona.
E allora anche noi lasciamoci ristrutturare il cuore dallo Spirito, lasciamo veramente spazio e apriamo le porte veramente a Cristo, al cammino che il Signore chiede con forza a tutti noi, un cammino dove non si deve rinunciare, ma si deve andare avanti, lasciando spazio e ascolto vero a quello Spirito che desidera generare nuovi cammini e nuove strade, perchè la Chiesa sia sempre di più una porta aperta a tutte le vocazioni, alla Vita dell’uomo di questo tempo.