Un congedo dalla comunità tra gratitudine, testimonianza e speranza
Concludendo il suo ministero in questa Comunità Pastorale, dopo cinque anni intensi e segnati da prove e consolazioni, don Erminio affida ai fedeli un messaggio che è insieme ringraziamento e consegna. Nell’occasione della festa dell’Esaltazione della Croce, egli propone una riflessione che intreccia esperienza personale, Parola di Dio e sfide attuali della Chiesa. La croce, che il mondo giudica follia o scandalo, diventa invece la chiave per comprendere l’amore di Dio e la qualità della nostra testimonianza cristiana. Con tono di padre e di fratello, don Erminio invita a vivere la fede come relazione autentica, capace di prossimità, empatia e speranza, per accendere nel cuore di ciascuno l’ardore per l’Eucaristia e la passione per la vita del mondo.
1. Pazzia o esaltazione dell'amore?
Mi congedo da questa cara Comunità Pastorale, dopo solo 5 anni, affrontati con un ritmo dapprima lento, impacciato (causa Covid) e poi via via più sciolto, anche certo più intenso, più avanti si vedrà quanto fruttuoso.
Nella festa dell'esaltazione della croce si resta sbigottiti: come si può esaltare uno strumento di supplizio?!
Ma trovo qui lo spunto per meditare sul senso della vita/morte di Gesù e quindi della sua/nostra missione.
Paolo presenta due modi di guardare a Dio: per i sensazionalisti, se Dio esiste, deve dimostrarlo con miracoli e prodigi soprannaturali;
per i razionalisti, se Dio esiste, lo si deve raggiungere con prove scientifiche e/o il raziocinio...
Ma è pretesa assurda volersi appropriare di Dio: se Dio si potesse dimostrare, non sarebbe più tale; se si preoccupasse di soddisfare le nostre continue richieste, diventerebbe un idolo o una chimera...
Paolo non pensa a soddisfare le pretese umane; mostra piuttosto un Dio capace di tanto amore per noi da scegliere come mezzo per la nostra salvezza la croce che è quanto gli uomini reputano pazzia e abominio!
Vale anche per chi fa il prete: si incarna là dove è stato mandato, impara il linguaggio/il vissuto della gente, è pronto a gioire con chi è contento e a soffrire con chi non sta bene (nel fisico e nel morale) sempre e con tutti
Per questo ho cercato di presentare un Dio capovolto, una Chiesa alternativa (il contrario dell'immaginario
collettivo) con i tratti del servizio, della debolezza, del perdono. In quest'ora di narcisismi giganteschi, Gesù è la contestazione vivente del male tremendo dell'autoreferenzialità (che è inconsistenza).
2. La croce è necessaria...
Come si paga il riscatto per la liberazione di un ostaggio, così sulla croce di Cristo Dio paga il prezzo di riscatto per i peccati di tutti e il sangue di suo Figlio è la moneta del pagamento.
Oggi, con l'umanità adattata al messaggio della guerra come il pensiero più normale, il Dio della vita ci insegna la sua solidarietà con l'umanità e la nostra prossimità a chi è ferito, sfruttato, respinto, ucciso...
La croce quindi è necessaria, per Cristo e per noi.
3. La croce del quotidiano
Gli altri la chiamano con vari nomi: lotta, difficoltà, inquietudine... ma sempre quella è. Nell'affrontare le vicissitudini negative di ogni giorno e nel subire torti, ingiustizie e cattiverie di ogni sorta, ci consola volgere lo sguardo verso Colui che è stato trafitto e ripensare a quanto ha patito violenza.
Il nostro servizio alla pace dev'essere fatto con parresia unica: facciamo nostra la sua franchezza nel parlare senza giri di parole, andando al sodo, e sempre in difesa della giustizia.
Non illudiamoci: chi rifiuta la croce o se la scrolla di dosso, scaricandola su altri, la sostituisce con un'altra più grande e più consistente. La croce è inevitabile, ma necessaria.
Dice la qualità del nostro amore...
Ricordate la dichiarazione di Giovanni, che specifica: noi (siamo quelli che) hanno creduto all'Amore! Ogni persona - anche 'non credente' - crede all'amore.
4. Le sfide attuali per la Chiesa
Va compresa la crisi di fede e i cambiamenti in atto nel mondo: non c'è più coesione nella comunità sociale; lo stile di vita dei singoli è guidato spesso da scelte soggettive e dalle sollecitazioni della vita quotidiana.
Poiché, purtroppo, nella connessione digitale cui siamo abituati, “è venuto meno il silenzio e l'ascolto,
e tutto è trasformato in battute e messaggi rapidi e impazienti, è compromessa una saggia comunicazione umana» (FTi, 49). Ecco perché suggerisco di leggere la Parola per chiederci non “cosa devo fare?”, ma “che Dio incontro?”. Convocati dalla Parola (messa/gruppi), leggiamola e commentiamola in chiave esistenziale.
La condizione religiosa italiana è declinata a ribasso, progressivamente allineata ai modi comuni di pensare.
Sono sempre di più le persone che credono in 'un modo plurale' o, meglio, in un 'credere relativo'.
Oggi va promossa una 'pastorale in uscita', sulla strada e nei cortili più che non nelle aule o in sacristia.
Rivalutiamo le persone per quello che sono, senza cedere alla tentazione del giudizio e dell'etichetta!
Chi oggi può dirsi 'regolare'? Siamo tutti 'irregolari', Cristo in croce è venuto a togliere il peccato del mondo!
Però, pur se siamo in una fase culturale di transizione in cui il credere è una decisione individuale, plurale, possibile ma non vincolante, l'opzione personale della fede è come quella dei primi cristiani. Ecco perché, come loro, dobbiamo favorire in tutti i modi la qualità alta di ogni celebrazione, che deve accendere in noi l'ardore per l'Eucaristia, attraverso la quale Cristo trasmette a noi la sua stessa passione per la vita del mondo.
La questione adesso non è "con quale cristianesimo" affrontare le sfide secolarizzanti in atto, ma quale "tipo di relazione cristiana" può far ritrovare ai lontani, agli indifferenti, ai tiepidi vicini, l'atmosfera di fraternità, di 'amicizia sociale', di reciproca appartenenza, di 'apertura all'amore e alla comunione universale' (FT 95). Una delle risposte possibili è di "convertirsi" - tutti e ognuno - a uno stile cristiano della relazione da persona a persona, da esperienza a esperienza, da "cuore a cuore", che sia caratterizzato dal dialogo, dall'ascolto, dall'empatia, dall'affettività, dalla prossimità, dall'inclusione, dalla solidarietà.
Questo è stata la mia aspirazione ed ora è il mio augurio