La forza del pentimento

Su ali d'aquila

Domenica 7 settembre 2025 - II Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni


Proteggi (Signore) quello che la tua destra ha piantato. La preghiera del salmista è una preghiera cosciente del male che il popolo ha compiuto, della disobbedienza che il popolo ha vissuto nei confronti dell’opera del Signore. E’ questa presa di coscienza che porta l’autore del salmo non solo a dire, ma a vivere vere e autentiche parole di conversione dell’agire del popolo. Non è solo una preghiera di invocazione, ma un riconoscere vero e sincero l’errore compiuto, è un vivere pienamente la grazia del pentimento.

Le parole del Salmo così vere e autentiche sono tradite paradossalmente da quella autorità religiosa e sacerdotale che doveva accompagnare il popolo a riconoscere il volto di Dio nella storia, a riconoscere il messia. Nella discussione sull’autorità di Gesù in Matteo vediamo nei versetti della Parola di oggi come Gesù ribadisce il suo pensiero con una parabola. La parabola dei due figli ha in sé sottigliezze importanti. Ne sottolineo due.

La prima sta nel rapporto dei due figli. Il primo, che sempre essere il più sfacciato, il più disobbediente, è l’uomo più libero, perchè si rivolge al padre con la schiettezza del legame che vive, con quella schiettezza che però diventa con il tempo presa di coscienza del legame di vita che vive e che lo ha generato. Pensiamo a quale delusione nel cuore il padre vive davanti al rifiuto del figlio: un lacrima silenziosa, un testa piegata su di sé,… Immagini che nel cuore del figlio lo hanno portato al pentimento, cioè a una azione di presa di coscienza di chi è lui, della sua identità che non può negare un legame di vita! Il secondo figlio, invece, chiama il papà “signore”, quasi a riconoscere una autorità esterna, una autorità fredda, insomma quasi a porre una distanza. La distanza di una formalità che si traduce in una promessa falsa, in un atto non compiuto. La conversione passa dal riconoscere e dal capire chi vogliamo essere. E per capire questo dobbiamo accogliere la nostra storia, le sue grazie, le sue ferite, ma nell’accoglierla capire e comprendere quali vie si preparano davanti a me, quali strade il Signore prepara non perchè debba percorrere, ma come strade di grazia, come strade dove sperimentare una presenza amica, una presenza che non mi chiede prestazioni per fini terzi, ma una presenza che ama la mia storia, che la ama a priori!


Il secondo aspetto che la parabola ci consegna è conseguenza del primo. Il nostro legame con Dio che rapporto deve essere. Nelle autorità religiose del tempo (e anche per alcuni nei giorni odierni) la fede si traduce in belle prestazioni formali, in belle formule che certamente toccano la nostra vita. Il senso della Legge di cui ci parla Paolo ne è esempio. La Legge alla fine aiuta a capire dove sta il nostro errore, dove ci siamo allontanati da Dio e dove invece siamo vicini a Lui…e poi? Siamo chiamati a stare nell’etichetta dell’errore e dello sbaglio? Paolo ci dice che in Cristo si apre la porta della speranza della vita che dall’errore sa rifiorire verso un nuovo anelito, verso un nuovo respiro. Questa è la giustificazione, questa è la grazia del pentimento. E’ la grazia di riconoscere la novità di vita che il Signore prepara lungo il cammino, di sentire una mano che ci prende e ci accompagna con delicatezza verso nuove mete. Per questo Gesù dice come coloro che erano (e ancora oggi sono) considerati i peccatori paradossalmente hanno riconosciuto la presenza di Dio nuova e viva, la sua presenza messianica, la presenza di salvezza. In Giovanni hanno accolto l’invito, in Gesù hanno preso coscienza del compimento delle promesse di Dio.

Dice il teologo ortodosso Christos Yannaras: “Noi cristiani abbiamo il privilegio di disporre di un metodo altro, rispetto alla mondanità, per avvicinarci alla verità: il pentimento”. Non dobbiamo avere paura di questa forza di vita. Forza che ci invita a vivere una fede incarnata nella storia di tutti i giorni, forza che ci invita a una libertà responsabile, capace di riconoscere i segni e gli inviti che Dio rivolge al nostro cammino, forza di un Dio che non si stanca mai di invitarci a partecipare alla pienezza del suo Amore e di rendere questo Amore stile del nostro modo di essere uomini e donne, discepoli su questa terra. E’ lo stile che ha reso originali e oggi santi Carlo Acutis e Piergiorgio Frassati, è lo stile che invochiamo sulla nostra testimonianza in questo tempo.
 

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