Domenica 31 agosto - I Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni
La cronaca nera è presente anche nel Vangelo. Lo sentiamo dalle prime parole del versetto 12 del capitolo: Quando il Signore Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato. Il Vangelo è parola per l’uomo e quindi si cala, si incarna dentro le nostre vicende, belle e brutte. Si incarna la Parola, si incarna il Verbo di Dio. Matteo continua dicendo che Gesù si ritirò in Galilea. C’è timore, c’è paura: è il nostro timore, è la nostra paura quando ci capitano eventi negativi, soprattutto quando ci capita un evento così da vicino, quando riguarda un amico, per di più un parente. Gesù è carne viva, sa quello che proviamo non perché lo ha studiato, non per la sua onniscienza, onnipresenza, onnipotenza, ma perché è vero uomo e vero Dio. Dio incontra, assume la nostra umanità, e la incontra e la assume perché ci crede più di noi. Dio crede nelle nostre forze, capacità di bene, Dio sa che in ognuno di noi c’è luce, c’è speranza, c’è amore! Dio investe tutto sé stesso per amore dell’uomo! E viene non per dirci a noi quello che dobbiamo fare, ma quello che possiamo essere!
Il vangelo continua indicandoci la scelta di Gesù di andare, di partire per Cafarnao, città degli scambi commerciali dell’oriente, città di dialogo con gli stranieri, città delle genti. Ed è lì, in questo contesto plurale, vivace a livello culturale, sociale, economico, in un contesto dove si incontrano esperienze e culture diverse che Gesù grida “Convertitevi!”. Quando sentiamo questa parola ci sembra di cadere in una austerità eccessiva, un’austerità fuori moda. La sentiamo come un peso sul cuore. Ma se continuiamo a leggere quello che Gesù dice nel Vangelo, questa Parola assume un tono nuovo: il regno dei cieli è vicino. Gesù sembra quindi dirci che la conversione prima di tutto deve essere una reazione positiva, un desiderio di metterci in piedi, di reagire al male del mondo! Più che un cambio primario delle nostre azioni, Gesù è come se ci invitasse a cambiare il modo di leggere le azioni che riceviamo, a saper reagire soprattutto al male confidando che Dio anche nel buio totale semina una luce, un polline di vita nuova, di vita che sa dire la sua vittoria sulla morte. Dire che il Regno dei cieli è vicino vuol dire annunciare che la nostra speranza non è la fine della vita, la fine del mondo, ma è la vittoria della vita di Dio sulla desolazione che il male desidera creare nel mondo.
Il profeta Isaia ce lo ha raccomandato. Non smettiamo di lasciare agire in noi quella verità che dice chi siamo, che svela anche i nostri errori, ma nel dire chi siamo ha in sé la promessa di quello che ogni giorno possiamo essere. Noi siamo stati paradossalmente il motivo di vita per Gesù per reagire davanti alla morte del Battista. Noi, con le nostre miserie, le nostre povertà, le nostre imperfezioni. Se noi siamo stati così per Gesù, cosa possiamo essere per gli altri? Possiamo essere luce, sale, possiamo essere vita nuova per i fratelli e le sorelle di questo tempo, per tutti gli uomini e le donne di questo tempo. La nostra missione è credere in verità nella luce che siamo, credere che l’illusione e i mondi falsi che ci vengono proposti non potranno mai dire la nostra unicità! La nostra missione è credere che in noi e in tutti gli uomini e le donne di questa terra risplende una luce di vita, una luce che dice che la vera via della pace non è l’accordo basato su convenienze, la vera via della pace è l’amore fraterno, l’amore che ha sempre stima a priori di ciascuno!
Siate lieti nella Speranza! Il Giubileo che stiamo ancora vivendo ci aiuti a capire il volto della speranza cristiana che è Gesù, a farlo diventare il nostro volto, il nostro motivo di vita e di amore. Ed è in questa luce che noi possiamo donare la luce della sua Pasqua, la luce della sua risurrezione, la luce della sua vita!