Domenica 17 agosto 2025 - X Domenica dopo Pentecoste
Mi sono ritrovato in questi giorni di estate davanti una grande sfida. Non è una sfida nuova, perchè la sfida del nostro tempo, una sfida che riguarda tutti, nessuno escluso. La sfida è quella di dare ragione della nostra fede e del modo con la quale la viviamo.
Il tempo che viviamo è lo stesso tempo del giovane capo ricco che Gesù incontra nel vangelo di questa domenica. Il giovane capo aveva tutto, faceva tutto quello che era prescritto dalla legge, era a posto con la sua coscienza. Lo stesso capita a noi: abbiamo tutto, cerchiamo di cogliere tutte le proposte più allettanti, cerchiamo di fare il bene, prestiamo i nostri servizi alla parrocchia, e poi… e poi basta così: abbiamo già dato quello che noi potevamo dare!
Il vangelo, invece, ci mostra la tristezza del cuore di questo giovane davanti a una richiesta specifica che Gesù gli da: vendi tutto quello che hai e seguimi! Cioè smettila di credere nelle tue certezze costruite da te, fidati di me! Esci dalla tua coscienza che ti dice sempre che sei bravo, perfetto, a posto, impara ad ascoltare un Altro, a vedere un di più che non ti pupi dare da solo, un di più che solo il passo della fede ti può dare! La tristezza è lì, in quel passo in più che la nostra fede ci chiede di vivere, in quel passo in più che ci ricorda che la vita non è un’opera nostra, che la vita non soggiace ai nostri programmi: il suo scorrere è al di sopra di tutti i nostri paletti. La vita ha sete sempre di un di più: spetta a noi saziare o meno questa inquietudine.
E così mi sono trovato davanti alla domanda di qualche giovane, taciuta o meno, che mi poneva questa questione: perchè dopo la GMG di Lisbona o dopo il Giubileo, la mia fede fa passi indietro? Perché non considero l’importanza di andare a messa: cosa mi distoglie? Perché mi accontento del servizio che faccio, della fede spiccia degli incontri, e poi… sento in me comunque un vuoto? La stessa domanda dovremmo porcela anche noi adulti, che siamo i primi testimoni non credibili della fede ai giovani, con il nostro credere che la fede sia un adempimento da compiere e basta. Gli eventi mondiali o eventi speciali come le vacanze estive sono certamente eventi unici, perchè si sta insieme, con lo stesso obiettivo, si prova qualcosa di inusuale. Ma… il bello non è lì, in quegli eventi di massa piccoli e grandi che siano. Non è nemmeno il giorno del tuo matrimonio, della tua ordinazione, della prima comunione e cresima di tuo figlio o nipote. Il bello è caricare della grazia che abbiamo ricevuto la nostra vita ordinaria, scoprire cioè che il Signore ha sempre qualcosa da dire al tuo cuore, che il Signore ha sempre in sé un desiderio che tu nutra la tua vita non solo di esperienze speciali, ma di quella bellezza di vedere anche il tuo ordinario con occhi nuovi, con gli occhi di chi sa cogliere una parola di vita e un rendere grazie, insomma con degli occhi eucaristici, che sanno chiedere perdono, che desiderano vivere, che guardano all’altro e rendono grazie perché in sé sa che nulla è frutto del caso o solo della propria opera.
La fede è un cuore che desidera essere veramente docile a Dio. La nostra crisi vocazionale in questo tempo è proprio crisi del cuore che non desidera scegliere, che sta in una superficie totalmente banale, che crede di poter continuare a indossare e cambiare gli abiti della vita come vuole. Invece Salomone nella prima lettura ci ricorda cosa veramente conta: un cuore che sappia distinguere il bene e il male, un cuore che sappia orientarsi e nel suo orientarsi accompagnare e prendere per mano amici, fratelli, persone che amiamo e che incontriamo nel nostro vivere verso una meta autentica di bene. Un cuore che sa e che vede Dio non come un impegno, un appuntamento di agenda, ma il senso del vero amore. E’ questo il centuplo che Gesù promette ai suoi discepoli che hanno lasciato tutto e lo hanno seguito, è questa la vera vita che Gesù garantisce già nel tuo oggi e non un domani, come siamo abituati noi a ragionare “Vedrò, lo farò domani!”. Tu sei l’adesso di Dio, tu sei un oggi di salvezza e di vita! Carpe diem!
Papa Leone XIV nella veglia con i giovani a Tor Vergata così ha detto riguardo alla forza della scelta.
La scelta è un atto umano fondamentale. Osservandolo con attenzione, capiamo che non si tratta solo di scegliere qualcosa, ma di scegliere qualcuno. Quando scegliamo, in senso forte, decidiamo chi vogliamo diventare. La scelta per eccellenza, infatti, è la decisione per la nostra vita: quale uomo vuoi essere? Quale donna vuoi essere? Carissimi giovani, a scegliere si impara attraverso le prove della vita, e prima di tutto ricordando che noi siamo stati scelti. Tale memoria va esplorata ed educata. Abbiamo ricevuto la vita gratis, senza sceglierla! All’origine di noi stessi non c’è stata una nostra decisione, ma un amore che ci ha voluti. Nel corso dell’esistenza, si dimostra davvero amico chi ci aiuta a riconoscere e rinnovare questa grazia nelle scelte che siamo chiamati a prendere.Cari giovani, avete detto bene: “scegliere significa anche rinunciare ad altro, e questo a volte ci blocca”. Per essere liberi, occorre partire dal fondamento stabile, dalla roccia che sostiene i nostri passi. Questa roccia è un amore che ci precede, ci sorprende e ci supera infinitamente: è l’amore di Dio. Perciò davanti a Lui la scelta diventa un giudizio che non toglie alcun bene, ma porta sempre al meglio.