Domenica 10 agosto 2025 - IX Domenica dopo Pentecoste
La pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato ci narra di una tipica disputa rabbinica. Era normale ai tempi di Gesù vivere con i farisei queste dispute teologiche. E’ interessante però che sia Gesù stesso a porre la domanda sul Cristo e sulla sua natura e origine, alla luce anche del salmo 109 (110), salmo di Davide, dove Davide stesso si riferisce al messia chiamandolo Signore, e quindi considerandolo più alto di lui. E davanti al silenzio che la domanda di Gesù crea, è interessante il risvolto: i farisei non osano più interrogarlo, e Gesù non lascia una risposta. Perché?
Perchè la risposta della fede chiede umiltà, cioè desiderio di lasciar plasmare il cuore da Dio e non dalla falsa credenza che noi sappiamo tutto e non abbiamo più bisogno di niente. Il no. porre più domande da parte dei farisei è un atteggiamento di chiusura della fede al modo di rivelarsi di Dio che hai scelto sì la nostra umanità, ha scelto sì la dinastia di Davide, ma è Dio e desidera guidare la nostra umanità alla pienezza della sua Vita!
Così possiamo rileggere la prima lettura. Da una parte Dio invita Samuele a non piangersi addosso, ad andare avanti, a confidare nella sua mano, capace di dare svolte alla vita dell’uomo e non solo. Dall’altro c’è il modo di scegliere di Dio che non segue le nostre logiche di apparenza: Dio guarda il cuore dell’uomo, che è più grande di ogni apparenza, che è luogo autentico della verità di ciascuno di noi.
La fede diventa una forza di vita e respiro nel momento in cui ci disponiamo davanti a Dio con umiltà, lasciamo che la sua mano plasmi il nostro cuore. Ed è così che diventiamo testimoni di speranza, in un mondo segnato da guerre, divisioni. Testimoni che davanti al male della storia non si lasciano rubare la speranza che è Cristo, la sua salvezza, il suo invito a guardare in profondità le cose, a ricercare Lui e il mistero della sua incarnazione fidandoci del suo Spirito.
In queste settimane i santi martiri compatroni delle nostre comunità ci accompagnano nel nostro cammino. Perchè nonostante il millennio circa passato dal loro martirio, ci parlano ancora? Non ci parla tanto l’atto in sé del martirio che hanno dovuto subire, ma ci parla il loro coraggio di rimanere aggrappati alla verità che è Gesù, il loro abbandonarsi fiducioso a Lui.
Usiamo allora questi giorni di riposo più che per riposare dal cellulare e dalle tecnologie, per riposare da un modo di esternare la nostra umanità che non è sempre una limpida testimonianza di verità. Impariamo a deporre le profondità della nostra vita spirituale nelle braccia del Signore, abbandoniamoci alla forza del suo perdono e del suo ascolto, anche chiedendo ai sacerdoti un tempo di ascolto. Impariamo a guardare invece i mezzi social e i luoghi della nostra vita quotidiana non come piazze dove espellere tutto quanto ci passa dalla mente, ma invece come luoghi dove testimoniare la bellezza di una fede adulta e matura. E quello che cercando i giovani e che hanno testimoniato a tutti, anche ai loro coetanei che non hanno partecipato al Giubileo: il silenzio di Tor Vergata nella mezz’ora di adorazione è il nuovo chiasso che sconvolge un mondo che sbrodola di parole e che non sa più distinguere e discernere il senso dei diversi luoghi della vita. Riappropriamoci della nostra interiorità e affidiamoci al Signore, a Colui che apre sempre nuove strade di vita, di missione, di testimonianza, a colui che desidera che tutti partecipino della sua salvezza.