Domenica 29 giugno 2025 - III Domenica dopo Pentecoste
Quante volte davanti alle tragedie di questo tempo pronunciamo queste espressioni: Signore guarda giù; perché tutto questo male?; dove sei Signore?
La Parola di questa domenica ci ricorda anzitutto che il Signore ha lasciato all’uomo il dono della libertà, dono unico, in quanto “limite” alla sua onnipotenza. Dio lascia l’uomo scegliere: non domina, non controlla la sua, la nostra libertà. L’albero della conoscenza del bene e del male, visto dal serpente come limite alla libertà dell’uomo, diventa invece luogo e invito a una scelta: scegliere se guardare alla vita come la guarda Dio, riconoscendo il bene seminato e sapendo riconoscere il male, dare un nome e un volto; oppure vivere quella falsa onnipotenza dell’uomo che lo porta a essere lui l’unica misura che sa dire cosa è bene e cosa è male, cadendo poi inevitabilmente in una serie di contraddizioni, malintesi, ferite, come vediamo anche nel nostro tempo.
Il male domina quando l’uomo si sente e si sostituisce a Dio, quando l’uomo diventa lui giudice universale e falsamente onnipotente. Mentre il nostro mondo crede sempre di individuare un colpevole, di addossare su di lui ogni responsabilità, l’atteggiamento di Dio è ancora una volta controcorrente. Di fronte al male commesso da Adamo e da Eva, Dio non fa venir meno la sua identità. Accompagna i due a riconoscere il male, a riconoscere il disordine che il male ha creato nelle loro relazioni, educa l’azione sbagliata a ritornare a un passo giusto, non condanna la persona, ma il male compiuto.
L’educazione che Dio da sempre all’uomo trae origine dalla sua Grazia, dal desiderio che l’uomo partecipi per sempre al suo amore, non con la sopraffazione, con lo sguardo del potere, del più forte, ma con il suo sguardo carico di misericordia, di amore che accompagna a crescere l’uomo, non lasciandolo nella caduta che ha compiuto.
E questo agire di Dio trova pienezza nel vangelo che abbiamo ascoltato. Giuseppe è invitato a superare la paura che attanaglia la sua vita e la scelta che lo perseguita, quella di ripudiare o meno Maria. Dio si fa accanto a Giuseppe, lo invita ad accogliere il bambino che Maria porta nel suo grembo, a essere anche lui avvolto dalla forza di quella grazia di Dio che va oltre ogni logica umana sterile per vivere in quella logica di amore dove tutti sono chiamati a riappropriarsi della vera immagine che siamo davanti agli occhi di Dio. La grazia è l’invito che il Padre ci dona a partecipare alla danza che ogni giorno il Padre vive con il Figlio: la danza di quell’amore che vince sempre il male, che da priorità non al mio io, ma alla bellezza di un noi che ama e che supera ogni male con l’amore.
E allora, forse, più che continuare a dire Signore guarda giù, impariamo noi a guardare in alto, a guardare con gli occhi di Dio il nostro mondo, con gli occhi del Suo Amore, gli unici in grado di vincere tutte le divisioni che il male crea e continuerà a creare tra noi per strapparci dal cuore, dal modo di amare di Gesù, dalla bellezza della melodia della Grazia dello Spirito, melodia della vita, melodia che ci ricorda la nostra vocazione: la vita!