Domenica 15 giugno 2025 - SS. Trinità
La festa della Trinità che oggi celebriamo sembra essere una freccia che ci ricorda chi siamo e cosa siamo chiamati a essere. Nel frastuono della nostra quotidianità, dove il correre e il sentirci sempre “in ruolo” ci porta a dimenticarci di prenderci cura di quello che siamo e della nostra persona, questa Parola sembra essere veramente un memento, un ricordati profondo!
Siamo chiamati a essere comunione e a generare comunione, come Dio è comunione e genera la comunione con noi. La Parola ce lo ha ricordato nella prima lettura. I tre pellegrini stranieri vengono accolti da Abramo con una frenesia che ci fa dire che in quei tre Abramo non ha visto semplicemente tre stranieri che passavano dalle sue tende, ma quella presenza di Dio uno e trino che visita la tua vita. E’ interessante che i tre si soffermano su un aspetto solo della vita di Abramo: la sterilità di Sara e quindi il fatto che Abramo non può avere un figlio dall’unione legittima con la moglie. Dio conosce e sa le nostre sofferenze, i nostri dolori, lì ci visita, lì ci rafforza, lì ci prende per mano e ci invita a non cadere nella tentazione della divisione e della morte, tentazione a cui oggi noi cadiamo, come purtroppo anche il recente fatto di cronaca che ha colpito la nostra comunità ci racconta. Fermarci per sentire quella presenza di Dio che ci ascolta, che non si dimentica di noi, che ci invita a fermare la mano contro il fratello, per essere invece con la nostra vita segno di benedizione: questo vuol dire contemplare il volto vivo di Dio!
Mentre il mondo vive di prestazioni, vive dell’idolo dell’essere sempre di più perfetti, ma di una perfezione che svilisce l’umano, fino a far tacere quello che proviamo e sentiamo, il Dio cristiano valorizza i carismi di ciascuno, valorizza le nostre storie, le chiama a una vita vera, a una vita che non ha paura di raccontare le difficoltà, gli errori, le paure, le fatiche, le chiama a uscire dal baratro oscuro per riconoscere in esse una strada nuova di vita, una nuova possibilità di vita.
Da qui comprendiamo cosa vuol dire vivere dell’amore di Dio. E’ l’amore che Gesù sperimenta con il Padre e che Gesù ci consegna nel parassito, nel fuoco consolatore, nell’avvocato che ci ricorda e ci invita a non diffidare di chi ci vuole veramente bene, ci invita a non avere paura di ascoltare e e di essere ascoltati. Il segreto dell’amore di Dio è l’ascolto che incoraggia, che rialza, che invita a vivere. Ed è questo ascolto che noi siamo chiamati a portare e vivere. Molto spesso rischiamo di ammalarci della malattia del giudizio del mondo, che non è il giudizio di Dio. Il giudizio di Dio è l’amore che desidera sempre salvare l’uomo, che cerca in tutti i modi di salvare l’uomo, anche quando esso ha compiuto il male più terribile. Dio non accetta e non accetterà mai che uno solo dei suoi figli possa lasciare la comunione di vita che è Lui, comunione che genera e dona vita perchè amore.
La festa della Trinità più che entrare nel mistero di Dio, ci ricorda che questo Mistero è presente fisicamente e costruttivamente in noi. E a chi chiede di vedere Dio, chi si lamenta dicendo che “Dio non esiste perchè…”, la risposta semplice è ricordare che il mistero di Dio, mistero di comunione è in noi, e questo mistero ci raccomanda semplicemente la vera volontà di ascoltare in profondità quello che il Signore con le vicende della mia vita mi vuol raccontare di me. E’ questo ascolto profondo che può salvare l’uomo, è questo ascolto profondo che ci strappa dal quel velo di morte che il mondo propina come falsa soluzione alle nostre fragilità e debolezze. Lasciatevi ascoltare da Dio, lasciatevi amare dalla sua Chiesa: è il monito che la festa della Trinità raccomanda a ciascuno di noi!