Domenica 11 maggio 2025 • IV Domenica di Pasqua
Nelle tue mani è la mia vita. Così ci ha fatto pregare il salmo 15, salmo che accompagna la preghiera della compieta del giovedì, nel ricordare il gesto e il modo con la quale Gesù si è affidato al Padre nell’ora della Passione e del Getsemani: senza condizioni, senza confini, donandosi infinitamente al suo amore.
Gesù si affida alle mani del Padre e le sue mani diventano il ponte di salvezza, la porta che spalanca a noi la salvezza e la bellezza di essere salvati, di essere amati, ricercati, compresi nelle nostre ferite, di essere guariti e custoditi da esse, di essere presi e rialzati: questo è l’amore.
Scrive il poeta Rainer Maria Rilke: “L’amore vero è quello che ti spinge, ti incalza, ti obbliga a diventare tanto, infinitamente tanto, a diventare il meglio di te“. Questo è l’amore per cui Gesù ha donato la sua Vita, questo è l’amore che genera e da veramente vita. Perché viviamo un tempo senza gioia, dove sembra che la tristezza, la rabbia, l’odio, la violenza dominano le nostre città, le nostre strade, le nostre vite? Perché ci siamo dimenticati quale è il vero volto dell’amore. Ci sono tanti volti d’amore, nel bene e anche nel male. Ma solo uno è quello che dona la vita, che genera la vita, che da vita: quello che nella carità si prende cura degli altri, guarda l’altro come lo spazio dove Dio non smette di sognare e immaginare, di creare e continuamente di amare l’umanità. Questo è l’amore vero: quello che dimora nel comandamento della carità, che non è obbligo, costrizione, ma senso vero del dinamismo della vita!
Ed è allora dentro a questo dinamismo che leggiamo anche le scelte di Paolo che gli Atti degli Apostoli e la lettera ai Filippesi ci hanno descritto. Mentre il mondo, il male ti invita a desistere, ad abbassare anche la radicalità di una scelta, che porta anche a donare la vita fino alla morte, Paolo invece vede nel male che gli viene profetato la strada perché la sua testimonianza di misericordia e di conversione diventi una strada feconda da cui possa sgorgare una nuova vita, nuove vocazioni, nuovi eccomi. Questo è il cristiano adulto.
La crisi delle vocazioni che viviamo forse sta proprio in questo aspetto: quanta radicalità viviamo nelle nostre scelte di vita? Che testimonianza diamo della bellezza dell’eccomi che trasforma le sfide in occasioni di salvezza e di nuova fecondità nella Chiesa? Ci lamentiamo, gridiamo, ci arrabbiamo… e poi? Ci fermiamo, ci ristagniamo nelle nostre false certezze, non ci incamminiamo!
Accogliamo l’invito di Papa Leone XIV, invece, a prendere per mano Cristo, a saperci veramente nascondere, addirittura sparire dietro a Lui, perché emerga come in ogni stagione del cammino c’è una bellezza autentica: la bellezza di vedere la mia vita come seme fecondo piantarsi nel terreno dell’umanità e portare frutto nella vita di altri. Il martirio di Stefano ha generato la vocazione di Paolo, il nostro sacrificio, il nostro essere missionari, la nostra missione fecondi il terreno delle nostre famiglie, dei nostri giovani, dei nostri ragazzi perchè scoprano la bellezza dell’amarre vero, di quell’amore che chiede sì uno sguardo alto verso gli altri, ma in questo sguardo la bellezza del lasciarsi amare e accarezzare dove ci sentiamo più piccoli e indifesi, più fragili e deboli.
E’ in questo lasciarsi prendere per mano da Cristo che la nostra vita si può dire non solo consegnata, ma capace veramente di segni di amore, di segni di speranza, di germi di nuove vocazioni, vocazioni alla vita, vocazioni al ministero, vocazioni ad amare fino alla fine! E’ questa la preziosa semenza che invochiamo dallo Spirito e che ci auguriamo possa trovare anche frutti nel ministero di Papa Leone, ministero che benediciamo e che invochiamo essere ricco di frutti copiosi, di frutti dello Spirito, di frutti che sgorgano dall’Amore di Cristo, amore in cui noi dimoriamo, amore in cui noi riponiamo la nostra speranza.