Domenica 26 gennaio 2025 • Sacra Famiglia
C’è una parola scomoda nella liturgia che stiamo celebrando, una parola che però insistentemente ritorna nella liturgia di questa festa: obbedienza. Obbedire sembra scomodo, perchè dietro a questa parola sembra esserci il dover fare qualcosa, il compiere a tutti i costi qualcosa. Eppure questa parola ritorna con questo invito: obbedire all’amore. Obbedire, dal latino ob audire, vuol dire rimanere in ascolto. E quindi se traduciamo così il termine obbedienza e il verbo ob audire, nasce una nuova frase, più bella e leggiadra, carica comunque di senso e importanza: rimanere in ascolto dell’amore.
Giuseppe è il marito e il padre che è rimasto in ascolto dell’amore. Davanti a Maria incinta non si è preoccupato di sè stesso, ma delle sorti di Maria e del bambino che portava nel grembo. C’è un di più in Giuseppe, un di più che deve incoraggiare oggi le nostre vocazioni, tentate di vivere l’occasionalità del momento per poi cambiare. Nella difficoltà Giuseppe non si è chiuso nelle sue scelte, ma si è aperto al volere di Dio, al disegno che il Padre aveva per lui: sei tu che accoglierai il Salvatore e gli darai il nome che salva, Gesù. E’ nell’ascolto dell’Amore che Giuseppe trova la strada alla domanda, al dubbio, alla perplessità che le scelte di ogni giorno portano con sè.
Giuseppe ci aiuta a vedere la forza dell’affetto e dell’amore che sa affrontare insieme ogni sfida. Quante difficoltà, quanti spostamenti la sacra famiglia ha vissuto. Vorrei in questa liturgia pregare per le famiglie che cercano una casa. Quale è la prima casa che però una famiglia ha bisogno? Non conta la tipologia di casa come edificio e struttura. Maria e Giuseppe per prima cosa hanno cercato un altro tipo di casa, una casa umana, cioè una comunità, una famiglia di famiglie che li accogliesse, anche nei momenti delicati della nascita di Gesù e della maternità di Maria. Quanti rifiuti, quanti no, quante porte sbattute in faccia. Ci dobbiamo domandare come è il cuore della nostra grande famiglia, se è un cuore capace di accogliere il diverso, lo straniero e il povero, o se è un cuore tentato di chiudersi in sé. Anche questo esercizio è un esercizio di cuore che si riconosce obbediente o meno all’amore di Cristo, all’amore che ha accolto tutti nel cammino.
Giuseppe, infine, è il marito e il padre che insieme a Maria mette davanti l’amore per il Figlio Gesù. Un’amore che non mette ancora una volta davanti sè stesso, le proprie pretese, le proprie convinzioni, ma che nel donare i fondamenti, ciò che fonda la vita di un ebreo, si lascia stupire. Giuseppe ci insegna una genitorialità che mai si può dire “definita”, ma invece un essere padre che cresce e matura di giorno in giorno fino al suo compimento. E cresce e matura perchè si lascia stupire, stupire dalla forza dell’Amore che si è incarnato nel figlio, in Gesù. Quante volte ci lasciamo stupire nella nostra genitorialità e nel nostro modo di essere sposi?
Ecco allora cosa vuol dire obbedire all’amore, rimanere in ascolto dell’amore. Ecco quale è la strada della felicità autentica, di quella felicità che alcune volte evitiamo per il piacere del momento. Rimanere in ascolto dell’amore vuol dire amare ascoltando la vita dell’altro, della sposa, dello sposo, del figlio. Rimanere in ascolto dell’amore vuol dire vincere l’egoismo e abbandonarsi alla forza degli affetti che aprono le braccia e il cuore a tutti, credendo nella famiglia dell’uomo. Rimanere in ascolto dell’amore vuol dire lasciarsi stupire dalla gratuità del tempo e da quello che un tempo libero può veramente donare.
Che la Sacra Famiglia con questa semplicità ci aiuti a credere nel rimanere nell’amore, ma ancora di più a lasciarci convertire dall’Amore che salva, dall’Amore che strappa dal non senso, dall’Amore che invita a stupirci: Gesù.