Quale stile?

APPIANO GENTILE

Il nuovo progetto


Introdurre una nuova architettura in un edificio monumentale é sempre un'operazione di responsabilità ed è così che la sentiamo. Gli stili che ci hanno preceduto avevano tutti una loro legittima validità, che é di conseguenza confermata dalla presenza nell'edificio di forme barocche, neoclassiche e perfino riferibili all'Art Nouveau, praticate dagli architetti che abbiamo già citato. 
Rendendoci pertanto conto che il nostro "strato archeologico" sarà gioco-forza diverso da quelli precedenti, possiamo assicurare che opereremo nel rispetto delle preesistenze, dando indicazioni circa l'integrale possibilità di ripristino dello stato iniziale del luogo e di come si trovava prima che noi intervenissimo. In sostanza introdurremo il principio della piena reversibilità. Le tavole di progetto ed anche il testo della relazione finale si preoccuperanno di descrivere nel dettaglio, come andranno effettuate le operazioni di ripristino per chi interverrà dopo di noi.
Lo stile architettonico che abbiamo adottato ha un'impronta "post modernista", ma sempre fatto maturare all'interno di un linguaggio tendente all'armonia con tutti gli stili già presenti nel tempio: quelli antichi e quelli meno antichi. Dunque ci sentiremo di bene operare quando realizzeremo la ripresa del pavimento mosaicato del presbiterio attuale, come un'unica ampia predella per le concelebrazioni, ma saremo anche sicuramente portati a riprendere le linee nascoste indotte dal reticolo ordinatore dell'edificio che - come già dimostrato - contiene i risultati compositivi pervenuti fino a noi dai secoli che ci hanno preceduto. Insistiamo molto su questo, nella fondata certezza che tale influenza, formale e di posizionamento, giustificherà nel tempo le nostre scelte e ci collocheranno nel solco di quelle prodotte nell'arco dei numerosi secoli di storia che la Chiesa di S. Stefano ha visto trascorrere.

Formalmente abbiamo deciso di voler subire l'influenza degli stili antichi ripresi nella loro forma essenziale. Cercheremo in sostanza di restare fedeli al contesto pur evidenziando il nostro intervento come nuovo, soprattutto partendo da una scelta oculata dei materiali, i quali trascineranno con sé i propri colori e le qualità intrinseche dei materiali medesimi. Abbiamo in sostanza pensato che l'obiettivo principale da raggiungere fosse il "buon effetto finale", armonico e poco contrastato. Sappiamo che l'essere moderni è sempre molto difficile, perché abbiamo ben presente il grande pericolo del disorientamento ideologico e questa è davvero la nostra principale difficoltà.
Questo vale per ogni sensibilità artistica, ma vale anche e soprattutto quando si fa architettura in un contesto ecclesiale. Sappiamo bene che ciò rappresenta l'aspetto più intelligibile della cultura universale della quale possiamo ritenerci parte attiva. La squisita complessità della vita sulla terra è vicina a quella che nell'Universo contribuisce a farla evolvere, cambiandola giorno per giorno. Questo processo naturale è portatore degli alti rischi di cadere nel disordine, cosa che viene vinta e superata quando quelle che noi chiamiamo le "nostre creazioni" hanno successo se portano appunto l'ordine, nel disordine. 

Ció diventa essenziale nell'architettura perchè è alla classicità cui sempre ci riferiamo, sapendola come sostanziale garanzia del buon operare. II modernismo novecentesco ha rotto tutti gli schemi costruiti dagli stili precedenti. Essere dentro uno stile nuovo e che sta maturando è tutt'altro che facile perché il presente, cioè la nostra modernità, è sempre da interpretare “al momento” ed assume il suo valore quando ci allerta circa i rischi di caduta nella contaminazione sperimentale. Una nostra percezione ci indica che il vecchio modernismo pare giunto al suo traguardo finale quando, ad esempio, ci si trova davanti ad una rivoluzionaria sperimentazione fatta con sculture in nobile marmo bianco delle Apuane scolpito con artigianale maestria, ma atta a riprodurre biancheria intima maschile da spargere nella navata centrale della chiesa veneziana di S. Fantin, prestata dal patriarcato veneziano alla Biennale d'Arte 2024. Ecco, é cosi che capiamo come il flusso armonico universale, quello che dovrebbe generare consapevolezza, lì si sia interrotto in modo quasi irrimediabile. E mentre capiamo questo, capiamo anche che ci volevano le fantasie sperimentali di questo scultore iraniano per farcelo capire. La sua sperimentazione dunque è pienamente riuscita nel momento in cui ha saputo suggerirci il desiderio impellente di un contesto più stabile e più rispettoso del sacro, del bello e del giusto.  
Detto tutto questo, lo stile che orienta le nostre scelte formali nel nuovo presbiterio della Chiesa di S.Stefano di Appiano Gentile può essere classificato come un tentativo di restaurazione post moderna, tendente al classicismo.

Chi verrà dopo di noi riuscirà senz’altro a definirci meglio, magari classificandoci come movimento o addirittura come nuovo stile Millennial e allora verrà coniata la parola nuova che ci definirà come precursori del nuovo. Forse è proprio così che avverrà e sarà interpretato come uno stile direttamente influenzato dalle nuove filosofie di questo nostro tempo tormentato che ci stanno portando a nuove forme d’espressione.

Arch. Francesco Pavoncelli 

 

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