Il "Cor-aggio" della fede

I Verbi del Cuore

Cor-aggio


La Scrittura, a partire dall'Antico Testamento, ci narra di un Dio valoroso, forte, che guida il suo popolo e non lo abbandona nella sua miseria. COR-AGGIO è, nelle pagine veterotestamentarie, simbolo di forza e di potenza, che si esprime nel “non mollare mai”, nel raggiungere, al di là di tutto, i propri obiettivi nella vita.
COR-aggioso è il padre Abramo, che lascia tutto sulla parola di Dio, pronto anche a sacrificare Isacco. COR-aggioso è il condottiero Mosè di fronte alle parole del roveto ardente e ai rifiuti del faraone. COR-aggioso è il piccolo Davide di fronte alla forza brutale di Golia. COR-aggiosi i 3 fanciulli nella fornace o Daniele nella fossa dei leoni. Queste figure, accanto a belle immagini femminili (Sara, Rebecca, Rachele, Debora, Giuditta, Ester, Anna, Rut) ci mostrano immagini di un coraggio legato alla fede, alla convinzione che da Dio viene la forza necessaria per seguire le sue norme e i suoi decreti.
Con Gesù riscopriamo il COR-AGGIO come forza esterna che aiuta ad affrontare la fatica, il pericolo, la situazione problematica. Nella tempesta sedata dice: “Coraggio, non abbiate paura!”; dopo la risurrezione dice: “Coraggio, sono proprio io; non temete!”, rimanda ad una dimensione profondamente intima nell'uomo: la sua fede.
E' lì che l'uomo ritrova il coraggio: nella preghiera come legame con un Dio misterioso e vicino, totalmente altro, ma che, nello stesso tempo, non lo abbandona mai.
Tante volte Gesù si isola dai suoi discepoli e dalla folla per stare con l'Abbà, per ritrovare quelle energie e quella carica per predicare, consolare, ascoltare, capire e guarire le ferite sanguinanti di una umanità sofferente e malata. Anche in quell'ultima notte chiede al Padre il coraggio di affrontare la prova, nell'abbandono, nel silenzio e nella preghiera. Capisce che il momento è duro, troppo duro per essere affrontato dalle sole capacità e forze umane.
Deve trovare nella sua profondità l'energia e il coraggio per arrivare ad “amare i suoi fino alla fine”, perché è venuto per fare la volontà del Padre. Perciò chiede ai suoi di vegliare con lui per trovare lo stesso coraggio, ma loro non ce la fanno. Affronterà le umiliazioni, le percosse e la via al Calvario, fino all'ultimo sospiro in croce.
Ecco gli auguri di don Tonino Bello per la Pasqua 1986: “Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi. Coraggio, disoccupati; giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati. Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto. Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, la debolezza ha infangato, la povertà morale ha avvilito. Il Signore è risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di 'amare', non c'è morte che tenga, non c'è tomba che chiuda, non c'è macigno sepolcrale che non rotoli via”.
 

 

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